mercoledì 10 dicembre 2008

Sciopero Generale 12 dicembre, Palermo, ore 9 Piazza Croci


Lo sciopero generale indetto per giorno 12, anniversario della strage di piazza Fontana, diventa fondamentale in un periodo politico contrassegnato dalla crisi globale. Crisi finanziaria, crisi economica, crisi politica, crisi del welfare state, crisi di valori, crisi culturale...
Contro questo deragliamento sociale, per un vero cambiamento, un solo slogan si alza al cielo:
NOI LA CRISI NON LA PAGHIAMO
Il movimento studentesco continua la lotta contro gli attacchi all'università pubblica, non si arresta e nè si infrange.
Ecco dunque che l'Onda si generalizza, si allarga e si estende ai precari (lavorativi ed esistenziali), operai, pubblico impiego...
per questi motivi vi invitiamo a scendere in piazza per continuare la protesta e manifestare il nostro dissenso.

A PALERMO, RADUNO ORE 9:00, PIAZZA CROCI

lunedì 8 dicembre 2008

Ultima parte del seminario

L'ultimo intervento è stato quello del prof Di Maria, che, dato il molto tempo che la discussione aveva preso, ha preferito esprimere le proprie idee con farsi secche e concise, nonostante sicuramente alcuni concetti meritassero approfondimenti.
Guardatevi dall'ideologia del pensiero come dalla peste bubbonica, perchè l'ideologia porta a pensare pensieri già pensati. Attenzione al narcisimo individuale e collettivo, di quelli che portano a credere "io ce l'ho più lengo degli altri", altrimenti detta presunzione di avere ragione. Il conflitto serve a crescere. La crisi è un concetto prima di tutto psicologico, bisogna dunque scegliere l'incertezza, per turbare il futuro. La concretezza dell'Onda è importante ma deve essere supportata da un progetto, per riaffermare l'idea che ognuno di noi non deve avere un progetto di vita, ma deve essere un progetto di vita.


(Invito a tutti i lettori di questo blog: questa forma di comunicazione è stata scelta per sfruttare la sua interattività. Quindi se leggete lasciate pure un commento, in modo da intavolare discussioni, dibattiti, confronti, incontri, scontri...)

Terza parte del seminario (e relative riflessioni)

E' venuto poi il turno del prof Vaccaro, sicuramente il più irrequieto tra i docenti insieme a Di Maria, dato che commentavano spesso gli interventi precedenti, dando spazio anche agli studenti che hanno voluto più volte dire la loro, creando uno stimolante dibattito.
In ogni caso i movimenti evolvono, e nascono, dalla società civile, la quale nasce a sua volta dalla società borghese; mentre oggi la definizione società civile si intende in senso etico. Le strade che si parano davanti l'Onda, come ogni movimento, sono due: o si istituzionalizzano entrando nell'agenda politica della società civile, o muoiono similmente a fuochi di paglia. L'Onda ha un dramma in più rispetto al passato: se il 68 aveva alle spalle le grandi narrazioni (anche se l'ideologia è poi degenerata) noi veniamo invece da 20 anni di deserto culturale. L'importante è non scadere nelle lotte corporative, bisogna dunque generalizzare la protesta, come più volte ribadito, e non aver paura di connotare politicamente il movimento, che sarà pure apartitico ma di sicuro è politico, non può non esserlo. E non aver paura di denunciare i processi che stanno alla base delle decisioni del governo: si vuole bloccare l'accesso al sapere perchè i giovani ne fanno un uso politico, inteso come senso kantiano di autonomia del sapere (per semplificare, ognuno ragiona con la propria testa). Ecco perchè diventa fondamentale individuare la posta in palio, si protesta per ottenere cosa? Un'università come quella del passato (pessima idea)? Un sistema di formazione pubblica? Un ricambio generazionale nelle istituzioni? Un nuovo ordine di prirità nell'agenda politica? Attraverso una rivoluzione sovversiva o attraverso il dialogo e il riformismo? E nel secondo caso bisognerà inevitabilmente sedersi a un tavolo di accordi con un partito...quale? Ce ne sono di affidabili?
Queste sono le domande alle quali l'Onda dovrà saper rispondere, d'ora in avanti.

Seminario parte seconda

Il prof Lo Verde, docente di Sociologia, ha esordito con un dato illuminante: il popolo universitario rappresenta solo il 9% della fascia giovanile, in una nazione che è la più vecchia d'Europa, ed è governata da anziani. Quindi gli universitari sono pochi, e hanno scarso, od inesistente, peso politico.
Ecco perchè è importante che la protesta si allarghi, che si generalizzi, che coinvolga il popolo del precariato, l'intero mondo dell'istruzione: fondamentale diventa dunque l'appuntamento del 12, dove si vedrà se davvero, dopo aver trascinato una riluttante Cgil allo sciopero generale, l'Onda ha un futuro. Dal punto di vista propriamente sociologico, l'Onda lascia perplessi: è davvero un movimento nel senso classico? Per quanto riguarda la genesi sembrerebbe di no, perchè nato inizialmente attorno a questioni economiche; ma le tematiche sollevate poi (diritto allo studio, welfare state, didattica, precarietà...) lo avvicinano di nuovo ai movimenti sociali. Se una particolarità questo movimento ce l'ha, comunque, non è tanto nelle forme di protesta (quasi tutte già viste) ma nel rapporto nuovo e sapiente coi mass media. Già il titolo del seminario "siamo in Onda" richiama concetti mediatici. Bisogna dunque rivitalizzare l'università anche come luogo di aggregazione, in un mondo che sempre più conduce all'uso solitario del lavoro e del tempo libero, e difendere gli spazi pubblici come università e piazze per sentimenti collettivi, appunto come ha fatto e sta facendo l'Onda.

domenica 7 dicembre 2008

Al seminario c'era Mario

Interessante, a detta dei presenti (gli assenti si astengono, ovviamente!), il seminario "Siamo in Onda". I prof che sono intervenuti, presentati con una buona introduzione da una (bella...) studentessa di Scienze della Formazione, hanno diversificato le loro analisi. Il simpatico Asmundo, con perfetto umorismo very british, ha spiegato le ragioni economiche della protesta, sicuramente riconducibili ai tagli avvenuti nella finanziaria di Agosto, e giustificati con la crisi globale odierna. Innanzitutto una doverosa distinzione tra economia e finanza, che riguarda propriamente la gestione del risparmio. Anche i mass media contribuiscono a confondere le idee, quando ad esempio introducono le notizie di borsa con farsi come "ed ecco adesso le notizie economiche"; quelle in realtà sono notizie finanziarie in senso stretto. La crisi finanziaria si è dunque trasposta nell'economia reale: il mondo di carta è valso cioè più del mondo tangibile, e si è creato il classico, e deleterio, circolo vizioso. Le imprese, principali trascinatori dell'economia, si finanziano attraverso le banche, ma queste sono andate in malora per gli eccessi dovuti al neoliberismo più spinto, che ha portato a castelli di carta (in senso monetario e metaforico). Così si è innescata la crisi di fiducia: se le banche hanno poco credito non concederanno facilmente prestiti, le imprese così non potranno sostenere i costi immediati (quelli che si devono pagare prima di ottenere ricavi) e quindi un si avrà una flessione di produzione con la conseguenza che si avrà un calo dei consumi. Ciò influenzerà le aspettative, che si ripercuoterà nuovamente su una minore domanda e quindi su una minore produzione.
Per combattere la crisi la Gran Bretagna, ad esempio, (come gli Usa e i maggiori stati europei) ha deciso di investire sul welfare state, aumentando la % di investimenti dello stato del 7%, per combattre una diminnuzione del Pil che gli epserti indicano tra l'1 e il 2%. L'Italia invece aumenta la quota del welfare state solo dello 0,3%, e anzi smantella brandelli di servizi pubblici come appunto l'istruzione, e a breve la sanità; elargendo inoltre elemosine natalizie ridicole, come i famigerati 40 euri mensili in più che i precari si ritroveranno in busta paga.

Un governo del genere può solo generare guai, la situazione continuerà a degenerare se non lo combattiamo con l'informazione e la lotta generalizzata, da estendere a tutte le fasce sociali!

(continua, prima o poi, con le altre riflessioni scaturite dagli interventi degli altri docenti presenti)