lunedì 8 dicembre 2008

Ultima parte del seminario

L'ultimo intervento è stato quello del prof Di Maria, che, dato il molto tempo che la discussione aveva preso, ha preferito esprimere le proprie idee con farsi secche e concise, nonostante sicuramente alcuni concetti meritassero approfondimenti.
Guardatevi dall'ideologia del pensiero come dalla peste bubbonica, perchè l'ideologia porta a pensare pensieri già pensati. Attenzione al narcisimo individuale e collettivo, di quelli che portano a credere "io ce l'ho più lengo degli altri", altrimenti detta presunzione di avere ragione. Il conflitto serve a crescere. La crisi è un concetto prima di tutto psicologico, bisogna dunque scegliere l'incertezza, per turbare il futuro. La concretezza dell'Onda è importante ma deve essere supportata da un progetto, per riaffermare l'idea che ognuno di noi non deve avere un progetto di vita, ma deve essere un progetto di vita.


(Invito a tutti i lettori di questo blog: questa forma di comunicazione è stata scelta per sfruttare la sua interattività. Quindi se leggete lasciate pure un commento, in modo da intavolare discussioni, dibattiti, confronti, incontri, scontri...)

Terza parte del seminario (e relative riflessioni)

E' venuto poi il turno del prof Vaccaro, sicuramente il più irrequieto tra i docenti insieme a Di Maria, dato che commentavano spesso gli interventi precedenti, dando spazio anche agli studenti che hanno voluto più volte dire la loro, creando uno stimolante dibattito.
In ogni caso i movimenti evolvono, e nascono, dalla società civile, la quale nasce a sua volta dalla società borghese; mentre oggi la definizione società civile si intende in senso etico. Le strade che si parano davanti l'Onda, come ogni movimento, sono due: o si istituzionalizzano entrando nell'agenda politica della società civile, o muoiono similmente a fuochi di paglia. L'Onda ha un dramma in più rispetto al passato: se il 68 aveva alle spalle le grandi narrazioni (anche se l'ideologia è poi degenerata) noi veniamo invece da 20 anni di deserto culturale. L'importante è non scadere nelle lotte corporative, bisogna dunque generalizzare la protesta, come più volte ribadito, e non aver paura di connotare politicamente il movimento, che sarà pure apartitico ma di sicuro è politico, non può non esserlo. E non aver paura di denunciare i processi che stanno alla base delle decisioni del governo: si vuole bloccare l'accesso al sapere perchè i giovani ne fanno un uso politico, inteso come senso kantiano di autonomia del sapere (per semplificare, ognuno ragiona con la propria testa). Ecco perchè diventa fondamentale individuare la posta in palio, si protesta per ottenere cosa? Un'università come quella del passato (pessima idea)? Un sistema di formazione pubblica? Un ricambio generazionale nelle istituzioni? Un nuovo ordine di prirità nell'agenda politica? Attraverso una rivoluzione sovversiva o attraverso il dialogo e il riformismo? E nel secondo caso bisognerà inevitabilmente sedersi a un tavolo di accordi con un partito...quale? Ce ne sono di affidabili?
Queste sono le domande alle quali l'Onda dovrà saper rispondere, d'ora in avanti.

Seminario parte seconda

Il prof Lo Verde, docente di Sociologia, ha esordito con un dato illuminante: il popolo universitario rappresenta solo il 9% della fascia giovanile, in una nazione che è la più vecchia d'Europa, ed è governata da anziani. Quindi gli universitari sono pochi, e hanno scarso, od inesistente, peso politico.
Ecco perchè è importante che la protesta si allarghi, che si generalizzi, che coinvolga il popolo del precariato, l'intero mondo dell'istruzione: fondamentale diventa dunque l'appuntamento del 12, dove si vedrà se davvero, dopo aver trascinato una riluttante Cgil allo sciopero generale, l'Onda ha un futuro. Dal punto di vista propriamente sociologico, l'Onda lascia perplessi: è davvero un movimento nel senso classico? Per quanto riguarda la genesi sembrerebbe di no, perchè nato inizialmente attorno a questioni economiche; ma le tematiche sollevate poi (diritto allo studio, welfare state, didattica, precarietà...) lo avvicinano di nuovo ai movimenti sociali. Se una particolarità questo movimento ce l'ha, comunque, non è tanto nelle forme di protesta (quasi tutte già viste) ma nel rapporto nuovo e sapiente coi mass media. Già il titolo del seminario "siamo in Onda" richiama concetti mediatici. Bisogna dunque rivitalizzare l'università anche come luogo di aggregazione, in un mondo che sempre più conduce all'uso solitario del lavoro e del tempo libero, e difendere gli spazi pubblici come università e piazze per sentimenti collettivi, appunto come ha fatto e sta facendo l'Onda.